Notizie (e curiosità) del Sud Est Asiatico #24
Perché le spiagge sono piene di plastica, la storia di Giovanna Vivoli tra India e Singapore e molto altro
Il mio primo viaggio in Vietnam è stato nel 2016. Nelle foto della Lonely Planet non si vedeva una cosa, che invece nella mia esperienza in Sud Est Asiatico ho sempre trovato molto presente: l’immondizia.
Nell’ultimo viaggio che abbiamo fatto, sia in Thailandia a Koh Samui, che in Indonesia a Bali, abbiamo nuotato tra le bottiglie di plastica.
Mi sono sempre in qualche modo innamorata dei posti che ho visitato o in cui ho vissuto in Sud Est Asiatico, ma la quantità di rifiuti che ho visto mi ha colpito molto.
In questo numero cercherò di raccontarvi perché la plastica è così presente. E perché è difficile da smaltire, soprattutto in paesi emergenti.
Grazie, come sempre, di leggermi!
Alessia
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Oceani di plastica
10.000 metri cubi di plastica. 4 volte una piscina olimpica riempita, per intenderci. E questo è solo quello che è stato raccolto in 3 mesi ad Ha Long Bay, patrimonio UNESCO nel nord del Vietnam famosa per i faraglioni in mezzo al mare.
L’anno scorso l’area è stata visitata da più di 7 milioni di turisti e quest’anno se ne prevedono 8.5 milioni. Ha Long City non ha abbastanza capacità per gestire l’immondizia prodotta da così tante persone.
L’Indonesia, invece, ha il primato per essere il paese che inquina di più gli oceani, contribuendo con 14 milioni di tonnellate di plastica riversata nelle acque ogni anno. L’ultima volta che sono stata a Bali, una delle spiagge più famose per fare surf era un mare di immondizia.
Da dove nasce il problema
I paesi emergenti del Sud Est Asiatico, in generale, hanno visto una rapida crescita negli ultimi anni causando quella che la Banca Mondiale ha chiamato una “plastic pollution crisis”. Ad acerbare il problema, questi paesi vengono usati per smaltire immondizia di altri stati. Ad esempio la Malesia ha restituito 4.100 tonnellate di plastica a 13 diversi paesi e chiuso 200 centri di smaltimento illegali dal 2019. Lo smaltimento, infatti, viene fatto male.
L’Indonesia e le Filippine sono il 2° e il 3° paese per la più alta produzione di plastica mal gestita al mondo. Il Vietnam, la Thailandia e la Malesia sono tutti classificati nella top 10. Per capirci, anche se le Filippine utilizzano meno plastica pro-capite rispetto agli Stati Uniti e al Regno Unito, il paese sud est asiatico conta più di 37kg di plastica mal gestita pro-capite, mentre l’Inghilterra solo 0.44kg. La causa principale è che buona parte della plastica da smaltire in Filippine non sono rifiuti della popolazione locale, ma importata dall’estero.
Il Giappone, la Cina e gli Stati Uniti sono quelli che ne importano di più in Indonesia, Thailandia, Malesia, Vietnam e Filippine. A peggiorare le cose è stato il divieto da parte della Cina, precedentemente grandissimo importatore di immondizia, di smaltire i rifiuti esteri. Così, molti paesi hanno cercato nuove mete, soprattutto nel Sud Est Asiatico, dove le importazioni sono cresciute del 171% dal momento delle restrizioni cinesi.
Credits: Chinadialogueocean.net
Come viene smaltita
La plastica viene per la maggior parte smaltita in discariche a cielo aperto. Per farla semplice, delle giganti buche. I problemi di questo metodo sono svariati: potenziali perdite nelle falde acquifere sottostanti, mancanza di posti adeguati dove farne altre una volta esaurito lo spazio, possibili deforestamenti per crearne altre.
Al momento, viene smaltita meno del 50% della plastica a causa di limitazioni infrastrutturali e logistiche. La gestione della plastica nelle discariche costa dai 10 ai 45 dollari a tonnellata, mentre per gli inceneritori costerebbe dagli 80 ai 100 dollari. Le aziende che si occupano dello smaltimento sono perlopiù private, quindi ogni dollaro di costo conta tantissimo. Per quanto riguarda il riciclo, la percentuale non arriva al 12%, contro un tasso europeo che è al 32.5%.
Cosa si può fare
Nestlé che è l’azienda che produce più confezioni di plastica monouso per i propri prodotti ha stabilito che ridurrà l’uso di questo tipo di packaging di un terzo entro il 2025 in Thailandia. In Malesia invece cercheranno di usare al 100% materiali riciclabili o riutilizzabili. Le bottiglie d’acqua sono e saranno sempre di più di plastica riciclata, così come le lattine di alluminio. Le aziende alimentari soprattutto dovrebbero muoversi verso un futuro più sostenibile. Purtroppo i singoli possono dare il loro contributo, ma non possono risolvere il problema alla base.
I governi dei vari paesi, intanto, stanno lentamente bannando le importazioni di rifiuti da riciclare, tra cui la plastica, da altri paesi. Non ce la fanno a smaltire efficientemente i loro rifiuti, perché farsi carico di quelli degli altri? Perché è un mercato da miliardi. È stimato che solo dai traffici illeciti di rifiuti provenienti dall’Europa ci si guadagni 9.5 miliardi di euro. Il Sud Est Asiatico tratta con tutti, ma dovrà farlo sempre meno.
Qui potete vedere un bel reportage fotografico di Al Jazeera.
Un report su come vengono gestiti i rifiuti in Sud Est Asiatico.
In breve
Un’estate caldissima. In Vietnam, Thailandia e Myanmar sono state registrate le temperature più alte di sempre: rispettivamente 43.4 gradi, 44.6, e 43.8. Le autorità hanno consigliato di non uscire nelle ore più calde, tanto che il centro di Hanoi a mezzogiorno di sabato era quasi vuota. Una scena rarissima.
In alcuni paesi, è in corso un razionamento dell’energia e dell’acqua per far pronte alla più alta domanda.
Credits France24
Giochi del Sud Est Asiatico. Qui un riassuntone dei Giochi. Il Vietnam è stato il paese con più medaglie, seguito dalla Thailandia e Indonesia. L’atleta cambogiana Bou Samnang è diventata famosa per arrivare ultima, sotto una pioggia battente, e dopo quasi 6 minuti che la prima corridrice aveva tagliato il traguardo. E la finale di calcio tra l’Indonesia e la Thailandia ha visto segnare 7 goal, 4 cartellini rossi e due risse di massa.
Combattere un dittatore. Il nuovo libro di Maria Ressa, giornalista e attivista delle Filippine racconta la sua vita e come combatte le ingiustizie nel suo paese: raccontandole. In un paese in cui il figlio del dittatore è salito al potere, è un libro che fa capire tanto di come funzionano le cose. Ma come mi ha fatto notare una donna filippina con cui ne ho parlato: racconta solo una parte della storia, quella dell’opposizione.
Pride. A Bangkok una sfilata immensa ha inaugurato l’inzio del Pride Month. La Thailandia è il paese asiatico che tutela di più i diritti delle persone LGBTQ+.
L’ultima corsa. A Singapore si terrà l’ultima corsa di cavalli. Lo spazio dell’ippodromo verrà riutilizzato per costruire case popolari e condomini privati. Negli ultimi anni la partecipazioni alle corse era in calo, così il posto dove un tempo era andata anche la Regina Elisabetta troverà un nuovo uso in una città in continuo cambiamento.
Italiani in SEA
Giovanna Vivoli, dall’India a Singapore
Partita da Granarolo, Giovanna Vivoli ha vissuto a Dehli, a Chennai, e poi si è trasferita a Singapore. “Non eravamo mai stati in India prima di andarci a vivere. Ma l’India non ti lascia scampo, ti sbatte in faccia tutte le sue contraddizioni. È tante Indie tutte insieme. Singapore è l’esatto opposto. Puoi vivere l’Asia, ma stando in un posto occidentalizzato”.
Giovanna ha sempre lavorato nel mondo della pubblicità e ora è Strategy Director APAC per MOI Global, un’agenzia specializzata nel settore B2B.
Non eri mai stata in India prima di vivere li.
No, nessuno se lo aspettava. Avevamo comprato casa a Granarolo. I mobili del salone ci erano arrivati solo due mesi prima di annunciare a tutti che ce ne andavamo. Nel 2015 siamo partiti. Prima dovevamo vivere a Dehli, poi ci hanno spostato a Chennai. È stato uno shock culturale forte. Una mia collega un giorno mi disse: “Non fare quella che come tutti gli stranieri vuole cambiare l’India, l’India non si cambia”. Era frustrante, ma nonostante tutto ci siamo integrati bene. Mia figlia è nata lì. L’India rimarrà sempre un pezzettino del mio cuore.
Come è stato trasferirsi a Singapore dopo essere stata in India?
Quando siamo andati a vivere in India, mio marito aveva un contratto da expat. L’azienda poteva decidere dove mandarci, non eravamo pronti. Dopo quella esperienza, abbiamo deciso di riprendere la nostra vita in mano e decidere la destinazione successiva: Singapore. A Singapore è tutto più facile rispetto all’India. A Chennai ci muovevamo solo in auto, per andare in un qualunque posto ci mettevamo due ore, indipendentemente dalle distanze. A Singapore c’è la metro, puoi decidere dove andare, quando ti pare, senza traffico. Mi è piaciuto tantissimo riacquisire la mia indipendenza.
E dal punto di vista professionale com’è andata?
All’inizio difficile. Ho avuto una grandissima carriera da disoccupata. Sono passati 15 interminabili mesi prima di riuscire a trovare il ruolo giusto a Singapore. Se non hai un nome importante sul curriculum è molto difficile farti riconoscere la tua professionalità. Ho passato tanto tempo su LinkedIn, ho preso tante certificazioni riconosciute dal settore e ho bevuto tanti caffè da Starbucks. Ho imparato a conoscere meglio il settore, a capire che va a due binari: quello delle agenzie pubblicitarie con i grandi nomi, e quello delle agenzie indipendenti. Adesso sono contenta, sono assunta da un’agenzia internazionale ma indipendente, ho il mio team di 4 strategist e il mio lavoro è produrre idee.
Quali sono i tuoi piani di lungo termine?
Il piano è di non avere piani, così rimaniamo flessibili.
Altre notizie:
È nato DIPROSEA, un collettivo di donne del Sud Est Asiatico. Fondato da Monica Costa, Laura Barsottini, Martina Cannetta e Nicoletta Rinaldi, vuole essere un network per imprenditrici, lavoratrici e professioniste che vivono o si vogliono trasferire nel Sud Est Asiatico. Si potranno trovare informazioni tecniche, burocratiche e legali, ma anche approfondimendi e corsi di formazione.
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